Quando si parla di Duilio Scalici, i riferimenti possono essere molteplici. Classe ‘94, Palermitano, personalità poliedrica: musicista, regista e scrittore.
Sembra che qualsiasi obbiettivo si ponga, lui riesca a perseguirlo, non soltanto con passione ma anche con successo. Difatti in ambito letterario, soprattutto per chi come me ama il genere distopico, Duilio è lo scrittore del famoso libro “Come una formica rossa in una goccia d’acqua”, edito da Giulio Perrone Editore.
Quindi quando mi è stata proposta una collaborazione, sono rimasto più che felicemente sorpreso nel ritrovarmi davanti “L’educazione sbagliata” terzo romanzo di questo caleidoscopico autore, pubblicato da Capponi Editore.
( Costo: 15,20€ Pagine 224)
Un’isola sconosciuta, una comunità suddivisa in 10 case, ognuna composta da 6 persone: 4 fratelli e 2 Maestri. Lo sappiamo tramite la testimonianza di Calendula che ci parla di sé e dei suoi tre fratelli: Anemone, Adonis e Ginestra. Di norma, le giornate scorrono tra il lavoro nei campi e le lezioni dei Maestri. Ma oggi è diverso. Oggi è una giornata importante. È il loro diciassettesimo compleanno, un giorno speciale in cui gli allievi delle diverse case si riuniscono, poiché tutti compiono gli anni lo stesso giorno.
Basta sfogliare poche pagine per comprendere che qualcosa non quadra, c’è qualcosa di storto, di sbagliato. Basta poco e quella che pare essere un’utopia inizia ad assumere contorni sfocati e a mostrare un’anima distopica.
“L’educazione sbagliata” è un romanzo breve pensato e scritto in maniera quasi perfetta. È suddiviso in tre parti: la prima, intitolata “Calendula”, offre il punto di vista di questo personaggio; la seconda da nome al libro e ci spiega il senso del titolo stesso; la terza, sarà il punto di vista di un altro personaggio e la chiusura della storia.
La narrazione mi ha coinvolto sin da subito, anche se la prima parte mi era parsa prevedibile, quasi ingenua, soprattutto in un punto cruciale della trama. Ma mi sbagliavo: dalla seconda parte in poi, la storia prende una piega inaspettata, ribaltando le mie aspettative e lasciandomi del tutto spiazzato nel finale.
Lo stile e le descrizioni rendono il mondo del romanzo credibile, con soltanto tre momenti, si posso contarli perfettamente, in cui questo incantesimo si è spezzato.
I personaggi, più che individui reali e tridimensionali, incarnano alcuni archetipi già raccontati in tante altre opere, ma proprio questa caratterizzazione rafforza la solidità e l’imprevedibilità della storia. E con il procedere della narrazione, il lavoro introspettivo e psicologico dell’Io narrante, acquista sempre più centralità, innescando in noi lettori sia disagio, per ciò che viene vissuto, che profonde riflessioni sulla storia e sul nostro mondo.
Il finale chiude una parte di storia, ma lascia aperti tantissimi interrogativi ed incertezze, confermando la natura perturbante e stratificata di questo romanzo.
Tuttavia, se da un lato questo libro mi ha incuriosito, rapito e coinvolto al punto da terminarlo in un solo giorno – complice anche il numero esiguo di pagine – dall’altro non ha del tutto “saziato” la mia curiosità, poiché molte domande restano senza risposta.
Ci sarà un seguito? Non lo so, ma spero di si. Non soltanto per colmare i dubbi lasciati dalla storia, ma anche, e forse soprattutto, per le considerazioni che questo autore è in grado di scatenare nel lettore, spingendolo a interrogarsi oltre la lettura e a “vivere” il libro come un’esorcizzazione del tempo che stiamo attraversando.
Intanto, ho recuperato il suo romanzo d’esordio e credo proprio che ve ne parlerò molto presto.